Giacomo Bozzoli è formalmente latitante. Lo ricerca l’Interpol in tutto il mondo. L’attesa, che era anche la speranza degli investigatori di Brescia, è svanita 48 ore dopo la sentenza della Cassazione che rende definitiva la condanna all’ergastolo per il quarantenne di Marcheno, nel bresciano, che l’8 ottobre del 2015 uccise lo zio bruciandolo nel forno della fonderia di famiglia. Giacomo Bozzoli è in fuga con la compagna Antonella Colossi e con il figlio di nove anni. È proprio dal padre della donna, un gallerista molto conosciuto in città, che arriva l’appello a consegnarti alla giustizia. Questa vicenda mi sta distruggendo, scrive Daniele Colossi in una nota affidata ad un avvocato, mi auguro che si concluda al più presto e che il compagno di mia figlia si costituisca quanto prima per il bene suo e soprattutto di mia figlia e del mio nipotino. I Carabinieri hanno perquisito l’abitazione di Bozzoli a Soiano del Garda. Gli elementi certi in mano agli investigatori al momento sono pochi. Si sa che ha lasciato la sua abitazione all’alba del 23 giugno a bordo della sua Maserati e ha imboccato l’autostrada a Desenzano direzione Verona. Da lì più nulla. Gli inquirenti sono convinti che sia fuori dall’Italia. Dal 23 giugno non sarebbero state usate carte di credito riconducibili alla famiglia o utenze telefoniche. E neppure i varchi elettronici sulle strade hanno registrato ulteriori transiti della macchina. Il mandato di cattura internazionale consente di prendere contatto con tutti i soggetti che a diverso titolo hanno nel tempo avuto a che fare con il trentanovenne, fermo restando che in fase di indagine dei due gradi di giudizio era emerso che Giacomo Bozzoli disponeva di una decina di utenze telefoniche intestate a stranieri del tutto ignari. Un dettaglio che fa pensare che la fuga potrebbe essere stata programmata da tempo magari con il supporto di terzi su cui gli investigatori indagano.