Aiuto al suicidio. Con questa accusa, Marco Cappato è stato iscritto nel registro degli indagati e il PM di Milano, Tiziana Siciliano, lo sentirà alla presenza di un legale. Un atto dovuto e atteso dal leader dell’associazione Luca Coscioni, che sabato mattina ha accompagnato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, a Zurigo, dove si è lasciato morire nella clinica Dignitas, alle porte della città. “Fino all’ultimo gli abbiamo chiesto se fosse sicuro della scelta”, ha detto ieri Cappato quando si è presentato dai Carabinieri per autodenunciarsi. “Avevo diritto a morire” ha ribadito più volte il quarantenne, tetraplegico e cieco da tre anni in seguito ad un incidente stradale. Il suo corpo potrebbe essere cremato già oggi. Le sue ceneri potrebbero volare in India, dove amava esibirsi. Ad accompagnarlo in quest’ultimo viaggio i suoi familiari, la fidanzata e Marco Cappato che, a questo punto, spera di arrivare in tribunale per dare una risposta a chi vive in queste condizioni. Per chi vuole continuare a lottare e per chi sceglie di morire, per aiutare chi non ha possibilità economiche o familiari, Fabiano Antoniani si era rivolto al Capo dello Stato. Aveva lanciato diversi appelli, caduti nel vuoto. “Lo Stato si assuma le proprie responsabilità”, ha ribadito Cappato. Ora Dj Fabo non c’è più. Dopo di lui, nella stessa clinica, ha trovato la morte un pensionato veneto di 65 anni. Si è spento tenendo la mano alla figlia e alla moglie, Emanuela Di Sanzo, che ha poi raccontato: “Non ha sofferto. Negli ultimi istanti era sereno”. E ora chiede alla politica una legge che eviti pellegrinaggi così crudeli. Ringrazia i medici e gli infermieri che le sono stati accanto, come ha fatto Fabiano Antoniani prima di morire. L’intervento della politica è una richiesta che Marco Cappato e l’Associazione Luca Coscioni hanno fatto propria da tempo, mentre il Parlamento non riesce a legiferare sul fine vita da almeno dieci anni, da quando balzò alle cronache il caso Welby.