Tutto nasce da un ricorso alla Corte Europea di Strasburgo di un boss della ndrangheta, Marcello Viola, che lamenta una violazione dei propri diritti per il tipo di pena che sta scontando, ovvero l'ergastolo ostativo. I suoi reati, cioè: omicidi vari, occultamento di cadavere, sequestro di persone e altro, rientrano tra quelli, per i quali, in assenza di collaborazione con la giustizia l'ordinamento penitenziario non gli concede di accedere ai benefici di pena, come, permessi premio o misura alternativa alla detenzione. È il 13 Giugno 2019 quando la Corte Europea gli dà ragione. L'istituto dell'ergastolo ostativo è un trattamento inumano e degradante, dice, e l'Italia deve modificarlo. Il Governo fa appello contro questa decisione, a differenza del resto d'Europa, infatti, il nostro Stato ha una buona legislazione antimafia nella quale questa forma di condanna, introdotta negli anni ’90, all'epoca delle stragi di Cosa Nostra, è uno dei capisaldi. L'ergastolo ostativo aiuta, infatti, la lotta contro le mafie, incentivando le collaborazioni dei boss, che possono dimostrare di aver rotto con l'organizzazione di appartenenza solo pentendosi e schierandosi dalla parte dello Stato. Ebbene, arriva ora il nuovo responso della Corte, che ribadisce quella previsione una violazione di diritti umani e l'Italia deve riformare la legge in materia. Una grossa sconfitta per lo Stato, che rischia di aprire la strada a centinaia di altri ricorsi di mafiosi. Magistrature e politica lanciano l'allarme.