L’Unione Europea è da tempo in autoanalisi, se così si può dire. Vuole capire cosa diventare da grande, come riformare le sue istituzioni e le sue politiche per renderle più compatibili con i cambiamenti radicali degli ultimi anni. I risultati del lungo percorso della Conferenza sul futuro dell’Europa, che si è chiusa a Strasburgo lo scorso 9 maggio, sono stati dibattuti per tre giorni a Pontignano, vicino Siena, dove politici, accademici ed esperti si sono ritrovati per formulare proposte concrete per rinnovare l'Europa. "L'idea è quella di fare delle riforme che coinvolgano i cittadini molto di più di come è stato fatto nel 2004-2006, che consentano anche dei meccanismi di flessibilità, dei ripensamenti che siano però costosi, con molto pragmatismo ma anche con la visione di doverci dare una mossa perché la storia ci pone di fronte a dei bivi molto decisivi". Di carne al fuoco ce ne sarebbe tanta: dalla riforma delle politiche digitali alla difesa comune fino alla necessità di ricalibrare il Green Deal alla luce dell’attuale crisi energetica. Ma il punto di partenza è capire se si può andare avanti con un’Unione che si basa quasi sempre sull’unanimità o trovare invece nuovi modelli decisionali. Resta poi il nodo Ucraina e la sua richiesta di adesione all’Unione Europea che finirà presto sul tavolo dei 27 leader: una strada lunga e dai risultati niente affatto scontati. "L'Ucraina ha molto chiaro che il processo per aderire, per diventare un membro dell'Unione Europea è un procedimento che dovrebbe durare anni e richiede moltissime riforme. Quello che l'Ucraina chiede è avere lo status del candidato -candidate status, quindi del candidato membro- e di poter effettuare le riforme necessarie per poter entrare nell'Unione Europea".