A Taranto, l'attività della più grande acciaieria d'Europa continua a mettere in pericolo la salute di lavoratori e cittadini. Questa è la motivazione alla base delle quattro nuove condanne che la Corte Europea dei diritti umani ha pronunciato contro lo Stato Italiano accogliendo i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019 da alcuni dipendenti del siderurgico, nonché da quasi 200 abitanti delle zone limitrofe agli impianti. In realtà, nulla di nuovo. Già nel 2019, infatti, l'Italia era stata condannata dai giudici di Strasburgo per non aver protetto i cittadini tarantini che vivono nelle aree più esposte alle emissioni tossiche dell'ex Ilva. Da allora, il caso Taranto era finito sul tavolo del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che deve verificare che il paese condannato predisponga le misure necessarie per proteggere la salute dei cittadini; ma poco o nulla si sarebbe mosso in tal senso. Nelle quattro nuove condanne, infatti, la Corte di Strasburgo evidenzia come lo scorso anno al Comitato non siano arrivate da parte delle autorità Italiane informazioni precise sulla messa in atto effettiva del Piano ambientale: elemento essenziale, scrivono i giudici, per assicurare che le attività della acciaieria non continui a rappresentare un rischio per la salute. Solo lo scorso 5 aprile, il governo italiano avrebbe presentato informazioni aggiornate in vista di un nuovo esame del caso previsto per il prossimo mese di giugno.























