Le tavole apparecchiate sul pavé di Piazza Carignano, simbolo dei ristoratori in ginocchio e dell'hashtag “Siamo a terra”. Le note del silenzio a rappresentare e quasi a riempire il vuoto lasciato dai locali chiusi alle 18. Gli esercenti dei locali pubblici torinesi manifestano così, composti e distanziati, il loro dissenso verso l'ultimo Dpcm. “La nostra è stata una manifestazione civile e composta, perché crediamo che il silenzio a volte sia più rumoroso ed efficace che tante parole. Ci dissociamo da chi chiaramente ha scelto di manifestare in questi giorni in maniera violenta, spaccando le vetrine o incendiando i cassonetti dell'immondizia, però tengo a sottolineare che questo non deve essere male interpretato, nel senso che noi non siamo meno arrabbiati di chi, invece, ha scelto di manifestare violentemente, ma siamo arrabbiati almeno quanto loro.” Seduti e in silenzio gridano la loro difficoltà. Solo a Torino e provincia nel terziario sono a rischio 15 mila imprese e 50 mila posti di lavoro entro fine anno. Per evitare, o quantomeno contenere questo disastro, le richieste al Governo sono precise. “Una è quella di far riaprire i ristoranti fino alle 23, anche perché non è scientificamente provato che siano i ristoranti, anzi. L'altra è un annullamento delle tasse per almeno due anni, perché, altrimenti, le nostre imprese non riescono a riprendersi.”.