Lo studio, uno dei più estesi elaborati in questa pandemia, è stato realizzato su quasi 10 mila dipendenti della Città della Salute e dell'Università di Torino. Nella prima fase, siamo a metà 2020 quando il virus era ancora poco conosciuto, si è scoperto come atteso che ad essere infettati erano in prevalenza coloro i quali lavoravano in ospedale. Il 7,6% contro il 3,3% di chi invece era in università. Ma è la seconda parte di questa ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista medica Viruses a svelare i dati più interessanti sull'efficacia della vaccinazione. "Abbiamo riscontrato la presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 nella quasi totalità dei soggetti vaccinati col vaccino RNA messaggero. 99,8% rispetto al 95% che quello dichiarato in letteratura. Inoltre abbiamo dimostrato che a 8 mesi dall'avvenuta vaccinazione i linfociti T che sono le cellule più importanti di difesa verso le infezioni del nostro sistema immunitario sono reattive in oltre il 70% dei casi." "Resta comunque importante la terza dose, il booster." "Assolutamente sì, è fondamentale perché la terza dose amplifica la risposta immunitaria e attiva nuovamente i linfociti T che sono queste cellule cruciali per la nostra difesa verso le infezioni." Ma non solo, lo studio ha anche dimostrato quanto la variabilità genetica incida sulla risposta al vaccino in relazione a quel 1% di DNA che ci rende unici, ognuno diverso dall'altro. "Perché il risultato di un'infezione dipende sicuramente dal virus, in questo caso, ma soprattutto dalle nostre caratteristiche genetiche e da come il nostro sistema di difesa reagisce al virus. Quindi le nostre caratteristiche genetiche sono importanti." "È anche per questo che ognuno reagisce in maniera diversa alla malattia." "Assolutamente sì, ci sono tantissimi fattori che influenzano l'andamento della malattia ma uno di questi è sicuramente la nostra le nostre caratteristiche genetiche.".