Cucchi, Tedesco: a Stefano pugni e calci. Ero terrorizzato

08 apr 2019
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Francesco Tedesco racconta la sua verità. È il primo teste di questo processo che sceglie di non sottrarsi alle telecamere. Carabiniere imputato nel processo per omicidio preterintenzionale, Tedesco lo scorso luglio è accusato in Procura davanti al PM Musarò e ai suoi colleghi coimputati del pestaggio. Ora racconta tutto in aula davanti alla Corte, si siede e chiede scusa alla famiglia Cucchi, agli agenti della penitenziaria, ai tre agenti su cui è stato puntato l'indice anche da lui, accusati in sette gradi di giudizio, di cui ora però non ricorda i nomi. Chiede scusa per il dolore e per il silenzio. Poi il racconto, l'arresto, i pugni, i calci in faccia di Di Bernardo e D'Alessandro. Così chiamo Mandolini e gli dico “Maresciallo, guarda che è successo questo e questo” e gli spiego tutta la situazione. E mi dice lui “Va bene, rientrate”. “Ma come sta?”, mi dice lui. “Come sta?”. “Maresciallo, lui ha detto che sta bene, però è successo questo”. “No, rientrate - mi fa lui – rientrate, rientrate”. “Va bene”. Parla anche delle minacce subite dal maresciallo Mandolini all’epoca al comando della stazione Appia e spiega che egli disse “Se vuoi continuare a fare il carabiniere devi seguire la linea dell’Arma. Il Vicebrigadiere, ora sospeso, parla anche della nota che scrisse poco dopo la morte di Cucchi, quella annotazione di servizio che poi venne cancellata, sparendo nel nulla. Prima l'esame dell'accusa, poi delle parti civili e della difesa, Tedesco si stanca, a volte ricorda, a tratti sembra ricordare male, quasi si contraddice. “Perché ha deciso di parlare dopo 9 anni?” “Per paura” risponde. Eppure lo fa proprio nel momento in cui legge il capo d'imputazione che lo vede accusato di omicidio preterintenzionale. I dubbi sono legittimi, la difesa con i suoi interrogativi, spiana il campo ad altri dubbi. “È tutto vero quello che dice, chi ha veramente redatto il verbale falsificato dell'arresto?” Una testimonianza in ogni caso fondamentale, che ancora una volta accende i riflettori sui Carabinieri. Quell'Arma che ora potrebbe diventare parte civile nel processo sul depistaggio della morte di Stefano Cucchi. Un'ipotesi che viene avanzata dal Generale Nistri, in una lettera a Ilaria Cucchi, quattro pagine scritte a mano, inviata l'11 marzo. Il Generale vuole che si faccia piena luce, vuole chiedere alla Presidenza del Consiglio l'autorizzazione a costituire l'Arma, parte civile nel processo ai suoi militari. Otto gli indagati qualora nella richiesta di rinvio a giudizio, appaiono evidenti le circostanze che la vedono parte lesa. Oggi voltiamo pagina. Oggi siamo in un processo giusto, con gli imputati giusti e con i capi d'imputazione giusti.

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