"Sentire il vento che mi leviga la pelle. Sentire il sole che mi scalda fino all'anima. Sentire il vento e il sole addosso da uomo libero. Dormire in un letto, in un letto mio." Non si nasconde Rudy, non più, parla della sua storia, della sua esperienza, di ciò di cui il carcere lo ha predato. Rudy Hermann Guede, il ragazzo cresciuto a Perugia, senza avere i punti di riferimento, condannato per la morte di Meredith Kercher, ha scontato la sua pena. Oggi è un uomo libero, ma quel delitto, per certi versi ancora da decifrare, è parte di lui. Ha avuto tempo per pensare, per lavorare su se stesso. "Avrei preferito maturare diversamente. Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. E non è stato facile crescere, a 20 anni, trovarsi all'interno di un istituto. Io mi ricordo benissimo il primo giorno che mi sono trovata all'interno tra le quattro mura e proprio vi rendo un'immagine: mi trovo in una stanza tutta bianca, pareti bianche, è una stanza normale, come tantissime altre stanze, come le pareti di casa nostra, ma io in quella stanza era come se le pareti mi schiacciassero." Ma Rudy ha deciso di reagire. Ha ricominciato a studiare, si è laureato in Storia: una scelta non casuale. "Mi ha dato molto. Mi ha fatto capire che bisogna informarsi, cercare le notizie e come diceva Marc Bloch, è facile seguire la verità, non interessa la verità, ma andiamo a capire la bugia." Rudy sa che la maggior parte del suo riscatto lo deve a se stesso, ma anche che senza chi gli è stato accanto, non ce l'avrebbe mai fatta. "15 anni fa, era un ragazzo che giocava solo a basket, aveva solo questo come interesse e le ragazze, com'è giusto che sia a quell'età. Oggi, io a volte scherzando lo rimprovero, perché? Perché non parla più di ragazze, non parla mai di basket, parla solo di storia, di filosofia. E insomma, ecco, ogni tanto un po' di leggerezza non guasterebbe. È un uomo nuovo, ha ragione lei.".