“Non li vogliamo. Questo è un paese libero. Siamo tutti pescatori. Lavorano donne. Qui non vogliamo nessuno”. “Ci hanno insegnato, i nostri padri, a bussare prima di entrare in casa. Qua nessuno ha chiesto il permesso”. Non volevano i profughi e, almeno per il momento, non li avranno. La clamorosa protesta dei cittadini di Goro e Gorino, piccoli centri sul delta del Po ferrarese, con tanto di barricate per impedire l’accesso al pullman che avrebbe dovuto portare i migranti in paese, ha convinto il prefetto a fare marcia indietro e a trasferire i profughi in altri comuni della provincia. Dodici donne, di cui una incinta, e otto bambini avrebbero dovuto trovare alloggio in un ostello di Gorino, inizialmente requisito su disposizione della prefettura. In tutto venti persone, un numero minimo di richiedenti asilo. Troppi, invece, per i residenti. “Prima ci siamo noi e dopo ci sono gli altri. Se loro venivano qui e ci avvisavano, ci parlavano... Ma non dall’oggi al domani”. “Non siamo razzisti, ma abbiamo già troppi problemi e non c’è posto per tutti” dicono i cittadini, compresa una ragazza serba, titolare del bar ostello requisito dalla prefettura: “Io sono serba. La ragazza che lavora per me è cecoslovacca. Non è un problema di razzismo. Il problema è che la situazione è stata mal gestita. Nessuno ci ha avvertito. Il Sindaco non sapeva niente”. Dura la reazione del Ministro dell’interno Angelino Alfano: “Di fronte a dodici persone, organizzare blocchi stradali non fa onore al nostro Paese. Quello che è accaduto non è lo specchio dell’Italia”. Indignazione per la resistenza di Goro e Gorino è stata espressa anche dal Sindaco di Ferrara. Perfino il primo cittadino di Goro si è scusato per il comportamento dei suoi cittadini: “Non sono situazioni belle da vedere per chi deve gestire il fenomeno a livello nazionale. Quello che posso fare è promettere, nei prossimi giorni, di ricondurre la mia comunità alla calma e di tirar fuori il meglio di loro e non il peggio, visto quanto è uscito in fretta e furia”.