Tutto nasce da un ricorso alla Corte europea di Strasburgo di un boss della ndrangheta, Marcello Viola, che lamenta una violazione dei propri diritti per il tipo di pena che sta scontando, ovvero l'ergastolo ostativo. I suoi reati, cioè associazione mafiosa, condita da omicidi vari, occultamento di cadavere, sequestro di persone e altro, rientrano tra quelli per i quali, in assenza di collaborazione con la giustizia, l'ordinamento penitenziario non gli concede i benefici di pena, come permessi premio o misure alternative alla detenzione. E' il 13 giugno 2019 quando la Corte europea gli dà ragione: “L'istituto dell'ergastolo ostativo è un trattamento inumano e degradante - dice - e l'Italia deve modificarlo.” L'Italia, però, fa appello contro la decisione. A differenza del resto d'Europa, infatti, il nostro Stato ha una buona legislazione antimafia nella quale questa forma di condanna, introdotta nel '92, all'epoca delle stragi di Cosa Nostra, è uno dei capisaldi. L'ergastolo ostativo aiuta, infatti, la lotta contro le mafie, incentivando le collaborazioni dei boss, che, solo pentendosi e schierandosi dalla parte dello Stato, possono dimostrare di avere rotto con l'organizzazione di appartenenza. Ebbene, arriva ora il nuovo responso della Corte, che ribadisce: “Quella previsione è una violazione dei diritti umani e l'Italia deve riformare la legge in materia.” Una grossa sconfitta per lo Stato, che rischia di aprire la strada a centinaia di altri ricorsi e risarcimenti di mafiosi. Magistratura e politica lanciano l'allarme, mentre proprio in queste ore un altro boss faceva parlare di sé: Giovanni Brusca, l'autore della strage di Capaci e di decine di omicidi, a Rebibbia da 23 anni, chiedeva i domiciliari. La Cassazione ha detto no, ma il suo legale dice: “Aspetto di leggere le motivazioni e poi valuteremo. Non intendo mollare!”.