Le tracce evidenziate dal luminol nell'auto di Impagnatiello, il sangue sul pianerottolo della casa di Senago, tutte le immagini delle telecamere in cui si vede l'imputato che entra ed esce con i sacchi gialli. Le ricerche sul web già da gennaio e fino a maggio per capire quanto veleno per topi serve per uccidere un uomo, quelle fatte poco prima dell'omicidio sulla ceramica della vasca bruciata e quello subito dopo su come togliere le tracce di sangue. Il test di paternità falso, che Impagnatiello ha mandato ad Allegra, l'altra donna, per rassicurarla che non era lui il papà del piccolo Thiago, i messaggi tra Giulia e Allegra. Infine l'ultima immagine di Giulia viva, che rientra a casa e quella, pesantissima, del suo corpo senza vita, nell'intercapedine del box. È la seconda udienza del processo davanti alla Corte di Assise di Milano ad Alessandro Impagnatiello, in carcere con l'accusa di aver ucciso la compagna incinta di 7 mesi. È la giornata delle testimonianze dei Carabinieri che hanno condotto le indagini. "Colpisce, vede, sentire militari esperti, con esperienza ultratrentennale, rimanere colpiti da quello che hanno visto di persona e da certi tipi di comportamenti agiti che sono caduti sotto la loro diretta percezione." Ha testimoniare, anche i vicini di casa e l'addetto alle pulizie del condominio, non è presente la famiglia di Giulia. La mamma e la sorella testimonieranno il 7 marzo. Presente Alessandro Impagnatiello, barba incolta e sguardo sempre basso, che china ancora di più, quando nell'aula, senza telecamere, viene mostrata la foto del corpo di Giulia.