A quasi 50 anni dalla scoperta del virus dell'HIV, l'AIDS è una malattia in aumento, ma mentre nei paesi ricchi, se adeguatamente trattata l'infezione diventa cronica e non uccide, nei paesi più poveri è altissimo il tasso di trasformazione in AIDS e di mortalità, soprattutto tra i bambini e le adolescenti femmine. Nella 35esima giornata mondiale contro l'AIDS, analizzando i dati a livello globale, l'UNICEF diffonde l'allarme, 1900 ragazze sono state contagiate, ogni settimana nel 2022. Al pari delle altre malattie anche l'AIDS ha subito il contraccolpi della pandemia da Covid, per la riduzione nell'accesso dei servizi di prevenzione alla diagnosi del virus HIV e ai farmaci antiretrovirali salvavita per quanti hanno sviluppato la malattia. A pagare le conseguenze di una mancata prevenzione adeguate e cure sono i più giovani e i più poveri, soprattutto in Africa, Asia, America Latina, secondo i dati diffusi dall'UNICEF i soggetti a maggior rischio contagio sono bambini e adolescenti fino a 19 anni. Nel 2022 ci sono stati 270mila nuovi casi di contagio tra gli under 19, che hanno portato a 2,6 milioni il numero complessivo di giovani che convivono con il virus, il 57% di questi riceve cure antiretrovirali, rispetto al 77% delle persone di età superiore, 99mila sono i bambini e gli adolescenti morti per cause legate all'AIDS. A rendere la situazione ancora più complessa sono le difficoltà e le procedure di diagnosi per i minori, i requisiti specifici nei test per i neonati che non sono sempre disponibili Paesi a basso reddito e infine la mancanza di farmaci antiretrovirali adatti all'età. Così un virus che, adeguatamente trattato, nei Paesi ricchi garantisce un aspettativa di vita analoga ad un soggetto non positivo, diventa una condanna a morte nei Paesi più poveri, un inaccettabile stigma di diseguaglianza mondiale.