Un cortocircuito tra politica e giustizia, che non accenna ad esaurirsi, anzi, che sta diventando una mina vagante per l'intero esecutivo. Al centro il Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede e la polemica accesa dal Consigliere del CSM, Nino Di Matteo, per la sua mancata nomina, nel 2018, al vertice del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. È il tema più attuale della messa ai domiciliari dei boss mafiosi, per il rischio contagio. Il Movimento 5 Stelle difende Bonafede e contrattacca: “É un Ministro scomodo per i partiti del centrodestra - è scritto sul blog delle Stelle - e a tutto un mondo di potenti, ammucchiati in difesa dei loro poteri e interessi”. In Senato Bonafede si difende, negando interferenze dirette o indirette nella scelta di non affidare l'incarico all'allora PM antimafia Di Matteo, e annuncia un nuovo provvedimento. “È tra l'altro in cantiere un decreto legge che permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l'attuale persistenza dei presupposti, per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis”. Ma la vicenda non si ferma qui, con De Raho, Procuratore nazionale antimafia, che ritiene potessero essere evitabili queste scarcerazioni. I detenuti, già in isolamento per il regime a cui erano sottoposti, potevano essere assegnati a centri di cura penitenziari, chiarisce. Bonafede potrebbe tenere la prossima settimana un'informativa sull'intera questione. Ma intanto il centrodestra ricompattato, deposita una mozione di sfiducia nei suoi confronti. “Troppe ombre su di lui”, afferma Matteo Salvini.