Messina Denaro latitante andava in banca e in ospedale

28 mar 2024
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Matteo Messina Denaro da latitante si muoveva liberamente grazie ad una rete di connivenze e coperture, all'appoggio di impiegati compiacenti negli uffici e autisti fidati, alla disponibilità di telefoni e molteplici identità. Poteva uscire dalla Campobello di Mazara in cui aveva stabilito il suo covo, raggiungere Mazara del Vallo per curarsi saltando le liste d'attesa, spingersi fino a Palermo per fare shopping o comprare un'automobile. Nell'ultima inchiesta che ha preso spunto da uno dei mille pizzini trovati in casa dopo l'arresto, appaiono i nomi di nuovi fiancheggiatori. Ancora una volta, soggetti insospettabili come l'architetto Massimo Gentile 51enne trapanese, cugino del marito di Laura Bonafede l'amante del Boss arrestata lo scorso aprile, sospeso dall'albo nel 2016 ma assunto tre anni dopo alcuni di Limbiate, Monza e Brianza, Gentile era attualmente responsabile dei procedimenti del servizio lavori pubblici con l'incarico di gestire i fondi del PNRR per gli appalti nel comune lombardo. La copia della sua carta d'identità modificata con la foto del Boss, è stata trovata nella concessionaria a Palermo in cui nel 2014 Messina Denaro andò a comprare un'auto ed una moto, portando l'assegno che aveva da poco ritirato in banca. Secondo gli inquirenti, il latitante usò quell'identità per almeno 10 anni dal 2007 al 2017; e quell'auto e quella moto per muoversi indisturbato a Campobello di Mazara, come conferma una commerciante trentasettenne un'altra delle donne che hanno ammesso in Procura di avere avuto una relazione con il boss dicendosi però ignara di chi fosse. Nella stessa operazione dei ROS, sono stati arrestati Leonardi Gulotta operaio che avrebbe ceduto la sua utenza telefonica al boss, e il tecnico radiologo Cosimo Leone che avrebbe permesso a Messina Denaro di sottoporsi a cure ed accertamenti nell' ospedale di Mazara del Vallo. Dalla cattura di Messina Denaro, il 16 gennaio del 2023 sono stati arrestati 14 presunti fiancheggiatori, quattro sono già stati condannati, ma le indagini continuano e la lista è destinata ad allungarsi. Il quadro di connivenza in favore del latitante fuori e dentro le strutture sanitarie sta assumendo dimensioni allarmanti in un contesto che finora non ha mostrato alcuno spirito collaborativo scrive nella misura cautelare il gip Alfredo Montalto che aggiunge: il boss mafioso continua ad essere venerato e protetto anche dopo la morte.

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