È stato un latitante diverso da tutti i grandi boss che lo hanno preceduto. Diverso da Totò Riina e diverso da Bernardo Provenzano dal quale ha ereditato il posto di comando. Matteo Messina Denaro aveva uno smartphone, adorava gli abiti costosi e gli orologi di lusso. Come quello che portava al polso al momento dell’arresto. Il valore si aggira attorno ai 40 mila euro. Era, a suo modo, ben vestito. Addosso soltanto capi firmati che, stando ad alcune testimonianze, acquistava nei negozi griffati di Palermo per migliaia e migliaia di euro. Non disdegnava le foto e i selfie. Tanto da farsi ritrarre con il personale della clinica e da partecipare attivamente alla chat di gruppo dei pazienti che si ritrovavano alla Maddalena per i cicli di chemioterapia. Insomma non certo un comportamento da boss vecchio stampo. Al momento dell’arresto, addosso, aveva due telefoni cellulari di ultima generazione. Da lì e dal materiale ritrovato nella sua abitazione, i magistrati della procura di Palermo sperano di acquisire informazioni importanti. "In questo mondo per comunicare i telefoni servono, soprattutto uomini della sua generazione, non parliamo più di soggetti della generazione di Riina e Provenzano ma di gente più giovane e dopodiché conta anche il carattere perché oggettivamente il carattere di Matteo Messina Denaro è un carattere esuberante in un soggetto che vuole piacere. Il rischio che correva secondo noi è piuttosto limitato perché fino a che non abbiamo avuto contezza della sua immagine i selfie che pure si faceva erano a rischio sostanzialmente a zero per lui. Soltanto dopo averlo identificato acquistano un significato ma un significato che ci aiuta a capirne il carattere". Adesso, recluso con il regime del 41 bis nel carcere de L’aquila, ai beni di lusso dovrà rinunciare.