Dalle cartelle cliniche sequestrate dai magistrati della Procura di Catania non risulta che il medico che aveva in cura Valentina Milluzzo, la donna deceduta dopo aver partorito due gemellini morti, si sia dichiarato obiettore di coscienza e sia, dunque, per questo motivo intervenuto in ritardo. È uno dei passaggi fondamentali di un’inchiesta appena iniziata e che parte da un esposto presentato dai familiari della donna una settimana dopo la sua morte. Per i medici dell’ospedale Cannizzaro di Catania tutto si sarebbe svolto regolarmente. Il medico era un obiettore di coscienza, così come altri dodici nel reparto, ma in quel caso non si trattava di un’interruzione volontaria di gravidanza. Si cercava, anzi, di salvare la vita dei due feti e della stessa donna. Dunque, nulla per i medici è stato lasciato al caso ed è stato fatto tutto il possibile. “Il medico sul secondo feto ha indotto il parto. L’induzione del parto non può essere il rifiuto di far partorire la paziente. Quindi, il dato clinico dimostra che questa frase non si poteva dire, anche perché la dimostrazione pratica lo sconfessa apertamente”. Di diverso avviso, invece, i familiari della donna, che hanno presentato un esposto alla Procura. Una vicenda dai contorni ancora da chiarire e per la quale il Ministero ha avviato un’ispezione. Un’indagine parallela è quella che sta conducendo la Procura, che ha iscritto nel registro degli indagati i medici che erano in turno quella sera.