Avrebbe compiuto novantun anni il 7 ottobre Bernardo Caprotti, fondatore dei supermercati Esselunga. L’imprenditore, scomparso ieri, lascia un impero da sette miliardi di euro, 152 supermercati e 22.000 dipendenti. Figlio di un industriale tessile della Brianza, dopo la laurea in giurisprudenza, Caprotti andò in Texas a lavorare. A ventisei anni tornò in Italia per dirigere la ditta di famiglia. Nel ‘57 il salto nel mondo della grande distribuzione e il grande successo. Lavoratore indefesso e imprenditore lungimirante, vedeva la Coop come fumo negli occhi, tanto da scrivere un libro dal titolo “Falce e carrello. Le mani sulla spesa degli italiani”. I suoi collaboratori lo ricordano come un vero capitano d’industria. Andò in pensione a ottantott’anni, ma non riusciva a staccarsi dall’azienda e continuava a partecipare alle riunioni, a pranzare in mensa, ad andare in giro per i suoi negozi a controllare. Ora si apre il quesito del futuro dell’azienda, che potrebbe essere venduta ad acquirenti esteri. Questo risolverebbe anche il nodo della successione. Visti i molti contrasti con i suoi tre figli, lui stesso aveva dato mandato alla banca d’affari Citigroup di selezionare le manifestazioni d’interesse non vincolanti arrivati a Esselunga. Molti gli attestati di stima. Per Bersani se ne va un uomo particolare, un uomo che emozionava, uno dei più grandi imprenditori italiani. Salvini lo saluta così: “Buon viaggio, Bernardo Caprotti, genio di Esselunga, amico del made in Italy, mai servo di nessuno”.