Imprese compiacenti e funzionari corrotti al servizio della ‘ndrangheta per aggiudicarsi gli appalti più importanti della Calabria. Un sistema collaudato e marcio, smascherato dalle Procure antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro grazie a un’indagine minuziosa del GICO della Guardia di Finanza e che ha permesso di accertare come fra il 2012 e il 2015 il potentissimo clan Piromalli, grazie a un noto gruppo imprenditoriale, sia riuscito a mettere le mani su 27 gare aggiudicandosi i più grossi lavori pubblici nell’area della Piana di Gioia Tauro. Il metodo era sempre lo stesso. Si creava un vero e proprio cartello di imprese, spesso riunite in associazioni temporanee, che si presentava alla gara con un’offerta in bianco. Poi chi di dovere si occupava di riempirli in modo che fosse il cartello vicino ai clan ad aggiudicarsi i lavori. Un’infezione che ha contaminato l’economia della provincia tirrenica reggina e anche quella dell’Alto Cosentino. Qui è stato soprattutto il clan Muto, con i suoi luogotenenti, ad accaparrarsi appalti milionari in diversi settori. 35 gli imprenditori arrestati. Indagati funzionari e dirigenti di diverse stazioni appaltanti. 54 le società sequestrate, molte delle quali con sede a Roma.