“Abbiamo perso l’attività. Se possiamo riaprire l’attività, possiamo andare avanti. Non abbiamo futuro”. “Speriamo di riaprire questo negozio, perché sennò di che cosa campiamo, noi? Noi avevamo un’attività avviata da tanti anni, ed è brutto lasciar perdere. E poi che faccio a sessant’anni?”. I giorni passano, le scosse no. È un lento logorio per gli abitanti di Norcia, sospesi fra la volontà di ricominciare e la paura di non potercela fare. “Noi non ce ne andiamo”, ripetono dal 30 ottobre, eppure la stanchezza inizia a non dare tregua. Difficile per gli adulti adattarsi a una nuova realtà, più semplice per i ragazzi, per i quali Norcia senza dubbio tornerà a vivere. “Sì, sì, sì, noi stiamo qua. Noi la ricostruiremo Norcia, per forza, perché deve tornare bella, anzi più bella di prima. Assolutamente”. Diverse le priorità per la popolazione, a partire dall’accoglienza: circa una settantina le persone che hanno passato la notte in tenda, mentre altri continuano a dormire in macchina o in roulotte. Ma a preoccupare è anche il futuro dell’economia per una terra vissuta da sempre fra agricoltura e turismo, una terra che ora deve trovare nuove opportunità. “Siamo una comunità attiva e, quindi, noi siamo abituati ad alzarci ogni mattina e ad avere qualcosa da fare. Non possiamo stare senza far niente e in questo momento siamo bloccati: non abbiamo una casa, non abbiamo indumenti intimi, non sappiamo cosa fare, arriviamo davanti le nostre porte della nostra città, che sono mezze crollate, e non possiamo entrare. E fuori non sappiamo cosa fare. Non sappiamo nemmeno dove andare, perché ci piace stare qui e vogliamo stare qui. Quindi, dobbiamo tornare a lavorare prima possibile, tutti”.