Le nozze d’argento festeggiate in chiesa. La chiesa di San Domenico, la stessa dove sono custodite le spoglie di Giovanni Falcone. Ma all’altare, accompagnato dalla moglie, è andato il boss mafioso Tommaso Lo Presti, tornato in libertà dopo aver scontato una condanna a 12 anni perché ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Porta Nuova. Una sfida del boss ad uno dei più importanti simboli dell’antimafia? Chissà. Di certo c’è la disattenzione della chiesa palermitana che si è giustificata dicendo solo che non sapeva che Lo Presti fosse mafioso. Poi il silenzio. I mafiosi sono scomunicati e, per questa ragione, non dovrebbero essere ammessi in chiesa. Ma tant’è. L’offerta lasciata dal boss, hanno fatto sapere i domenicani, non sarà restituita come aveva chiesto parte dell’opinione pubblica dopo la diffusione della notizia, ma utilizzata, dicono in una nota, per i poveri della città di Palermo. Non è la prima volta che nel capoluogo siciliano si registrano episodi del genere con i boss, formalmente scomunicati, che frequentano luoghi di culto. E purtroppo sono frequenti anche gli inchini durante le processioni religiose. Una usanza purtroppo, dura a morire. Questa celebrazione ha detto Maria Falcone, è una offesa a mio fratello e alla città di Palermo. Tuttavia credo nella buona fede dei domenicani, ha aggiunto, e questa pagina verrà cancellata con una affollata messa il 23 maggio in quella stessa chiesa.