Nuovo naufragio, Unhcr ribadisce urgenza canali umanitari

08 mag 2017
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“Una persona su 35 non esce viva da questo viaggio in mare. Dunque, è davvero un viaggio che quando lo si fa con i bambini così piccolini è ancora più difficile”. Al molo di Catania la portavoce dell’UNHCR ha visto sbarcare anche stavolta decine di famiglie, soprattutto siriane, e ha raccolto testimonianze per ricostruire l’ennesimo naufragio al largo della Libia. Le vittime, tra morti e dispersi, negli ultimi due giorni sarebbero 200, abbandonati alla deriva su gommoni a cui era stato smontato il motore da scafisti senza scrupoli, che poi avevano fatto ritorno verso le coste africane su altre imbarcazioni. L’ennesima testimonianza del sempre più spietato modus operandi di trafficanti disposti a sparare e uccidere anche per un cappellino, come è successo pochi giorni fa ad un giovane della Sierra Leone. Le storie di tragedie e famiglie divise rimbalzano da un porto all’altro. A Lampedusa quella di un uomo e del suo bimbo di pochi giorni soccorsi dalla nave della ONG spagnola Proactiva Open Arms. La mamma era morta di parto su una spiaggia libica mentre attendeva di imbarcarsi. “Dall’inizio dell’anno sono oltre 1.150 le persone che sono decedute. Dunque, il soccorso in mare è assolutamente una priorità e una necessità su cui non si discute. Noi lo ribadiamo da anni ormai. L’unica via sono le vie legali, che sono l’unico modo sicuro per poter accogliere persone che hanno bisogno di protezione”. L’OIM, intanto, ribadisce: “I migranti arrivano con segni di torture sul loro corpo. Quindi, fondamentalmente sappiano che i migranti scappano da situazioni terribili in Libia, violazione dei diritti umani, così come scappavano due anni fa quando c’era Mare Nostrum. Quando è finito Mare Nostrum hanno continuato a imbarcarsi. La questione è altra: andare a cercare quali sono i fattori di spinta. La Libia, in questo momento, è un Paese da cui, purtroppo, i migranti sono costretti a scappare e non possono sicuramente restare lì”.

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