"Noi abbiamo combattuto perché sapevamo che non era suicidio". I famigliari di Liliana Resinovich raccontano di aver cercato per tre anni elementi sì da convincere gli inquirenti a non chiudere il caso. Nel registro degli indagati è stato iscritto il marito, Sebastiano Visintin, con l'accusa di omicidio. L'avviso di garanzia è stato notificato il giorno seguente alla perquisizione della casa dell'uomo, che dall'Austria in vacanza afferma di non essere preoccupato. Liliana uscì di casa il 14 dicembre del 2021 alle 08:30. Aveva 63 anni, sparì. Il suo corpo fu ritrovato il 05 gennaio del 2022, nel parco dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste. Due sacchetti di plastica ricoprivano la testa e i piedi. Non arrivò mai a casa dell'amico che l'attendeva, Claudio Sterpin, che confida: "Da tre anni aspettavo questo momento". Né il risultato delle indagini, né la condotta del marito convinse i famigliari. "Dai primi giorni andava dai nostri amici a dire che si è suicidata. Regalava le sue cose, lava la macchina, va a fare le sue saune, le sue cose. Insomma, a noi è sembrato che praticamente di Liliana non gli fregava proprio niente. Ti dico quello che ha detto lui di se stesso in televisione, che è un gran menefreghista e che lui ha sempre raccontato bugie. Poi con quella modalità, insomma non ci vuole molto capire che è stato fatto tutto con molta superficialità. Lei voleva rifarsi una vita, era stufa delle biciclette. Non aveva cattiveria, è questo che l'ha fatta ... Che si è fidata troppo, non avendo neanche un briciolo di cattiveria". Una accurata perizia, a posteriori, sul corpo, parla piuttosto di urti e graffi, escludendo l'ipotesi del suicidio. "E quello che mi dispiace è che abbia sofferto e che abbia visto in faccia il suo carnefice, perché è morta con quello negli occhi, secondo me". .