Ergastolo è la parola che risuona più spesso in aula. L'ergastolo per il responsabile e l'ergastolo che vivono e vivranno i parenti delle vittime, i mariti, i figli delle quattro donne uccise l'11 dicembre 2022: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. È il giorno delle parti civili nel processo per la strage di Fidene nei confronti di Claudio Campiti che aprì il fuoco nel corso di una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo alla periferia Nord-Est di Roma. Per lui la Procura ha chiesto la condanna più pesante. Ma imputati nel processo sono anche il Presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto all'armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto. Per loro, accusati di omissione di controllo, la richiesta di condanna è rispettivamente di 4 anni e un mese, e di 2 anni. Perché quella mattina Campiti va proprio al Tor di Quinto. Entra, prende un'arma, centinaia di proiettili e va a Fidene, dove compie il massacro. Nessuno lo ferma, nessuno se ne accorge, nessuno controlla. Falle gravi ed evidenti nella sicurezza. Sulla responsabilità civile dei ministeri di Interno e Difesa, uno dei legali di parte civile ha evidenziato come: "le informazioni su quattro casi precedenti, in cui furono prelevate e portati via le armi da quello stesso poligono, erano arrivati ai ministeri, e come, anche allora, nessuno abbia fatto nulla". Per i magistrati: "Campiti non ha approfittato di un momento di distrazione di qualcuno, ma di un regolamento interno che veniva applicato in quello stesso modo da 30 anni". Quanto accaduto, conclude un altro dei legali, è conseguenza delle condotte omissive di chi doveva vigilare e che invece ha reso possibile la strage.