Il Gran Ghetto non c’è più. Polverizzato dagli incendi di ieri, a partire da quello costato la vita a due ragazzi del Mali, prima ancora che dalle ruspe, che questa mattina sono tornate al lavoro per cancellare la giungla della Capitanata. Il Gran Ghetto non c’è più, quindi, eppure tanti migranti sono ancora qui. Qui hanno trascorso la notte. “Non andate via?”. “No, mai. Noi restiamo qui fino alla fine. Loro hanno detto che possiamo andare a Sansevero. Noi non vogliamo andare, perché là non c’è lavoro, non c’è niente. Noi veniamo al Ghetto perché è buono. Noi veniamo al Ghetto solo per lavorare”. Non importa, dunque, come si viva. Per questa gente conta il lavoro, che qui arriva a domicilio per mano dei caporali. “Funziona così. C’è un connazionale, un riferimento per ogni Nazione, che gestisce i rapporti direttamente con l’azienda e con lui, poi, crea le squadre, i gruppi di lavoro e li porta in azienda a lavorare”. “Qual è la paga, oggi, media per una giornata, per questi lavoratori?”. “È varia. Dipende anche dalla nazionalità e dipende dalla bravura di un caporale. Più o meno, in media, siamo sui 25 euro al giorno. Dipende il caporale quello che trattiene, dipende quanto trattiene per il trasporto. Molto spesso al lavoratore rimangono massimo 15 euro”. C’era il caporalato, dunque, dietro il Gran Ghetto di Rignano e c’è sempre il caporalato dietro le decine di baraccopoli sparse per le campagne del foggiano. Sono lì da anni, esattamente come il Gran Ghetto. Una vergogna troppo a lungo tollerata.