Agli uomini della Squadra Mobile ha raccontato di avere un grande vuoto in testa. Si chiama "amnesia dissociativa", un black-out che può avere drammatiche conseguenze; proprio come è accaduto a lui, un ingegnere di 43 anni di Catania, che ha dimenticato in auto, nel seggiolino posteriore, il figlio di appena due anni, morto per asfissia, senza che il padre, adesso accusato di omicidio colposo, mentre era al lavoro avesse coscienza della tragica dimenticanza. Poi la telefonata della nonna, l'allarme e lo shock. Un dramma frutto anche dell'assenza di una legge che imponga ai genitori l'obbligo di dispositivi "salva bebè" in auto. La normativa in realtà è stata approvata un anno fa in Parlamento, ma il suo decreto attuativo, gli aspetti burocratici e tecnici che servono a completare gli effetti della norma stessa, non è mai entrato in vigore. Bocciato dalla Commissione europea nella parte in cui venivano individuate le specifiche tecniche del seggiolino antiabbandono. E manca, poi, anche il parere del Consiglio di Stato. Da allora si è impantanato tutto, come rileva l'associazione Amici della Polstrada, l'ASAPS, che ha quindi chiesto al neo-ministro dei Trasporti la veloce predisposizione di un nuovo testo che in poche settimane contenga le obiezioni presentate in sede europea. "Non è il momento delle polemiche", replicano i deputati del Movimento 5 Stelle in Commissione Trasporti. "Siamo in attesa che si completi l'iter del decreto attuativo, dopodiché il provvedimento sarà in vigore". Duro il commento di Giorgia Meloni, prima firmataria della legge: "La norma non è mai entrata in vigore perché, rispetto a salvare la vita a un solo bambino, c'erano priorità più redditizie a livello di consenso".