“Sto bene, sto bene”. Arriva dopo poco le 17 Silvia Romano, accompagnata dalla sorella e dalla madre, si fa strada tra i giornalisti e i curiosi che hanno raggiunto la sua abitazione per salutarla. Accolta da un lungo applauso dei vicini, ride mentre fa ritorno in una casa che non vede da più di 18 mesi, da quando era partita come cooperante per il Kenya, dove è stata rapita il 20 novembre del 2018. 18 lunghi mesi, almeno quattro covi cambiati, lo spostamento in Somalia, la sua liberazione tra l'8 e il 9 maggio poco lontano da Mogadiscio. Mi ha aiutato scrivere un diario, ha detto la cooperante agli inquirenti che l'hanno interrogata per oltre quattro ore al suo arrivo in Italia. Tenuta in ostaggio sempre dallo stesso gruppo islamista al Shabaab, una delle organizzazioni terroristiche più feroci, dopo essere stata ceduta dal gruppo armato che l'aveva di fatto rapita, Silvia Romano ha parlato anche dello spostamento verso la Somalia, un tragitto fatto quasi tutto a piedi. Mi hanno tenuta in diverse stanze, mai una cella. Mi sono convertita all'Islam per mia volontà, ha poi aggiunto. Polemiche sull'eventuale riscatto pagato e sulla conversione religiosa della ragazza sono scoppiate in ambito politico e non solo. Sul suo rapimento indaga l'Italia e indaga ora anche la Somalia. Si pensa che la regia sia unica e porta diritto al gruppo fondamentalista con base in Somalia. Ho poi scoperto che la tenevano d'occhio, ha dichiarato Lilian Sora, fondatrice di Africa Milele Onlus, la ONG con cui la ragazza era partita. Intanto la Procura di Milano sta valutando il tipo di tutela per Silvia Romano dopo gli insulti social. Per ora dovrà osservare due settimane di isolamento, come previsto per chi rientra dall'estero.