Il nome di Silvio Berlusconi a pronunciarlo in carcere è stato Giuseppe Graviano, lo ha fatto durante l’ora d’aria mentre parlava con un altro detenuto. A rivelarlo sono state le intercettazioni ambientali in cui il boss di Brancaccio lancia accuse all’ex Cavaliere. Graviano non gli perdona di averlo abbandonato al proprio destino: ventiquattro anni di detenzione nonostante, a suo dire, si sarebbe messo a disposizione negli anni Novanta in occasione della discesa in campo di Forza Italia. Per il legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini, si tratta di dichiarazioni infamanti. Nelle intercettazioni il boss fa riferimento alla stagione del ’93, quella delle stragi di Roma, Firenze e Milano. Graviano fa intendere che quella fase, in cui la classe politica ebbe timore di un colpo di Stato, non fu voluta da Cosa Nostra. Affermazioni pesanti che finiscono depositate nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia, un processo in cui è tra gli imputati anche Totò Riina. Le condizioni di salute del boss di Corleone continuano ad essere al centro del dibattito, dopo che la Cassazione non ha escluso l’ipotesi di arresti domiciliari. Riina, sdraiato su una barella, è comparso in videoconferenza davanti alla Corte d’Assise di Palermo ma per il PM Di Matteo il boss è lucido e presente e le sue condizioni di salute non sarebbero incompatibili con il regime carcerario, ma questo toccherà al tribunale del riesame di Bologna stabilirlo.