Stop the virus, Hiv in mostra a Milano con realtà aumentata

25 ott 2019
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La diagnosi di positività all'HIV raccontata attraverso un volto scomposto che ritrova i suoi lineamenti lentamente. Gli effetti di una terapia che funziona, rappresentate da una donna che ritrova i colori della vita, e poi occhi, tanti occhi, che guardano e giudicano per trasmettere l'angoscia dello stigma che marchia le persone sieropositive. La scommessa vinta dal progetto Together we can stop the virus è quella di sensibilizzare sull'HIV in una maniera innovativa, una mostra in realtà aumentata che resterà aperta al pubblico gratuitamente a base Milano fino a domenica, sostenuta da Gilead Italia e realizzata grazie alla collaborazione tra 10 associazioni di pazienti e cinque artisti del panorama nazionale. “Together we can stop the virus parte dall'idea che l'arte abbia in sé il potere di narrare il fenomeno dell'AIDS da punti di vista differenti e attraverso l'immagine dell'animazione raggiungere i giovani”. Per vedere le cinque opere animarsi con la realtà aumentata basta scaricare l'atto HIV stop the virus ed immergersi cosi nello storytelling dell'HIV a 360 gradi: diagnosi, trattamento, successo della terapia, qualità di vita e lo stigma. “L'obiettivo comune di portare a conoscenza anche di popolazioni, quelle giovani in particolare, che meno conoscenze hanno dei rischi, quali sono i comportamenti corretti per farlo, quali gli obiettivi che ci si è posti nel lungo termine, come comunità scientifica, come aziende”. “Questo progetto è riuscito a tirare fuori, a fare il coming out un po' di quelle che sono le nostre storie e di quello che è la situazione riguardo all'infezione da HIV oggi in Italia”. “L'arte, diciamo, in questo caso e le opere che hanno prodotto gli artisti avvicinano il tema a quello che è la vita delle persone”. “Noi siamo partiti dall'idea di voler raccontare il momento della diagnosi, quindi ragionare sul come si sente una persona nel momento in cui gli viene diagnosticato il virus”. “Siamo andati oltre anche noi degli stereotipi che c'erano stati imposti, magari anche dalla società”. Più che la mia storia, la cosa che trovo importante è che queste opere d'arte raccontano il futuro”.

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