"Io spero che in Italia presto sia possibile per le persone di poter fare questa stessa scelta a casa propria e di morire a casa propria circondati dalle persone care". Non è andata così per Romano, suo padre, di 82 anni. Affetto da una grave forma di Parkinson ha deciso di morire per porre fine alle sue sofferenze. Per farlo ha dovuto lasciare la propria casa a Peschiera Borromeo nel milanese e andare in Svizzera. Ad accompagnarlo Marco Cappato. Ancora una volta il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni ha risposto all'appello di un paziente le cui condizioni non potevano che peggiorare. Non abbastanza, però, secondo la legge italiana, per poter accedere al suicidio assistito nel proprio Paese. In Italia infatti questa pratica è legale solo se chi ne fa richiesta è sì affetto da una patologia irreversibile ma viene anche tenuto in vita artificiale ed è il sistema sanitario nazionale a doverlo verificare. L'82enne morto a Zurigo nelle scorse ore nonostante la sua condizione irreversibile non ne avrebbe avuto diritto. "Io sono arrivata dalla California per essere qui con lui in questi giorni. E in California la scelta che ha fatto mio papà è legale e in caso di una malattia come la sua avrebbe potuto fare la sua scelta di morire in casa circondato dai suoi cari e dalla sua famiglia". Romano ha chiesto aiuto a Cappato. Sarà lui, anche stavolta, a doverne rispondere legalmente. Era già successo per Elena la 69enne veneta malata terminale di cancro morta nella stessa clinica ad agosto. Cappato, dopo averla accompagnata, si era autodenunciato ai Carabinieri. Il reato per cui è già indagato dopo il caso di Elena è l'aiuto al suicidio. La pena massima è 12 anni di reclusione.