Ci sono voluti quasi quattro anni di indagini, due incidenti probatori, file e documenti sequestrati, 480 intercettazioni per arrivare alla prima udienza del processo sul crollo del Morandi. L'annuncio il 7 aprile 2022 con il duro prologo dei PM di Genova davanti al GIP, il Morandi era una bomba a orologeria si sentiva il tic tac ma non si sapeva quando sarebbe esplosa. Alla sbarra tutti i 59 imputati, mentre Autostrade per l'Italia e Spea, cioè il concessionario che aveva in gestione il viadotto e la controllata che doveva monitorarlo, sono uscite dal processo con un patteggiamento di 30 milioni di euro. Sotto accusa ci sono anche attuali ed ex dirigenti delle Infrastrutture funzionari del Provveditorato. Il 7 luglio con la prima udienza inizia la strada verso verità e giustizia, una lotta contro il tempo per scongiurare lo spettro della prescrizione. Omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d'atti d'ufficio, falso, con l'aggravante della colpa cosciente. Queste le accuse contro i responsabili del collasso del viadotto sulla A10 a Genova avvenuto il 14 agosto del 2018 in cui persero la vita 43 persone. Tra i rinviati a giudizio ci sono gli ex vertici di Aspi, l'ex amministratore delegato della società Giovanni Castellucci, il manager Paolo Berti e l'ex direttore delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli nonché l'ex AD di Spea Antonino Galatà. Per l'indagine il disastro è stato determinato dalla cattiva manutenzione della struttura, una malattia mai curata, la politica aziendale era orientata alla massimizzazione dei profitti risparmiando sui costi di manutenzione. Per i legali degli imputati invece la ragione del crollo è un grave vizio di costruzione. Dalle indagini sul disastro nascono altre tre inchieste: sulle barriere fonoassorbenti pericolose, falsi report sui viadotti e gallerie, riuniti in un unico procedimento che vede indagate oltre 50 persone. Il 12 settembre riparte il maxiprocesso con tre udienze a settimana fino al 2023.