Guido Conti, l’ex generale dei carabinieri forestali, si è ucciso con un colpo alla tempia vicino all’auto con cui era arrivato alle pendici del Monte Morrone, un luogo dove l’ex Forestale amava passeggiare e a cui ha affidato gli ultimi pensieri e un inconsolabile senso di colpa per le vittime dell’hotel Rigopiano morte sotto una valanga in una struttura per cui, da alto funzionario della Forestale, aveva firmato alcune autorizzazioni. Nessuna responsabilità accertata. Guido Conti non era neanche indagato. Eppure quella neve che il 18 gennaio scorso ha sepolto e ucciso 29 persone pesava anche sulla sua coscienza e sulla sua vita. È quanto l’ex generale scrive in una lettera indirizzata alla sua famiglia: “Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata” si legge nel messaggio. “Quelle vittime mi pesano come un macigno, perché tra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma”. Gli atti a cui fa riferimento non sono quelli per l’albergo, ma per l’edificazione del centro benessere “dove – continua l’ex generale – si è poi appreso non esserci state vittime, ma ciò non leniva il mio dolore. Pur sapendo e realizzando che il mio scritto era ininfluente ai fini della pratica autorizzativa, mi sono sempre posto la domanda: potevo fare di più?”. Guido Conti era andato in pensione dal Corpo Forestale e lavorava in Basilicata per la Total, ma si era licenziato nei giorni scorsi. La mattina in cui si è ucciso, dopo aver salutato la moglie, si è fermato in una tabaccheria e comprato tre fogli e buste da lettera e un francobollo. Due lettere – una indirizzata alla famiglia e una alla sorella – sono state ritrovate. Mancherebbe la terza, probabilmente spedita a un destinatario ancora sconosciuto e forse, chissà, l’unico che potrebbe fare un po’ di chiarezza sulla tragedia di Rigopiano, in attesa, ovviamente, della magistratura.