Ucraina, Marche: crisi export calzaturiero verso Russia

20 apr 2022
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"Qui nasce la scarpa." "Iniziano con il montaggio della soletta, della tomaia, ma prima ancora c'è tutta la fase del taglio, l'orlatura, la foderatura, l'assemblaggio. Abbiamo investito anche molto nella tecnologia, quei macchinari che servono comunque a realizzare una scarpa perfetta." "C'è tanto anche di artigianato." "Sì, sicuramente l'uomo non viene sostituito mai." "Ed è per questo anche che le scarpe acquistano valore." "Esatto, questo è quello che ci invidia anche in tutto il mondo." Il lavoro delle persone, l'artigianalità, lo stile, questo distingue il made in Italy. Sono decine i passaggi per realizzare una calzatura, racconta Annarita Pilotti, nella sua azienda a Porto Sant'Elpidio nelle Marche, crea scarpe di lusso. "Adesso sto facendo una prova per contrapporle per vedere come casca dietro." "Da quanti anni fa questo lavoro?" "Da 16 anni." Una realtà con quasi mezzo secolo di storia, un centinaio di dipendenti. Oggi il 60% della produzione è venduto a Russia, Ucraina e paesi del CSI. I mercati principali di tutto il distretto calzaturiero del Fermano, dopo due anni durissimi dovuti alla pandemia, la ripartenza, spiega l'imprenditrice, ma la guerra ha aperto una nuova crisi, quasi del tutto bloccati le consegne e i pagamenti. "Probabilmente ne subiremo più noi le conseguenze delle sanzioni. Le frontiere in questo momento sono chiuse. Non mi sembra che gli americani ci abbiano detto, prego visto che le scarpe o i vostri prodotti italiani li vendevate in Russia, oggi ve li facciamo vendere noi." Continuiamo a produrre, non ci arrendiamo ma dobbiamo reinventarci. "Stiamo cercando di produrre le calzature ordinate, lavoriamo per alcuni brand importanti, con clienti che abbiamo già consolidato." Per il settore delle calzature italiane il mercato russo vale circa 4 milioni e mezzo di paia, un terzo provengono dal distretto del Fermano, il principale del nostro paese, dice Valentino Fenni, vicepresidente di Assocalzaturifici, temiamo ripercussioni sui posti di lavoro, 40.000 con l'indotto. "Stiamo parlando del 12% del PIL regionale, sui 200 milioni di euro. Chiediamo una sorta di ristori per le aziende che non hanno potuto consegnare perché il mercato si è bloccato, cassa integrazione a costo zero e poter prorogare le scadenze dei mutui che sono stati presi durante il periodo del Covid.".

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