Virologo Pregliasco a Sky TG24: per vaccino 1 o 2 anni

15 mar 2020
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Com'è messa l'Italia riguardo, diciamo, alle dinamiche che abbiamo assistito nei Paesi che ci hanno preceduto, e parlo soprattutto di Cina e di Corea; è da credere quello che sentiamo dire da molti che quella curva è destinata a ripetersi qui, così come fino adesso è stato e quindi saremmo poi nei prossimi giorni a confronto con un calo, diciamo, di tutta questa situazione? Sì, in pratica il nostro andamento epidemiologico è simile a quello della Cina con 40 giorni di ritardo, mentre le altre nazioni europee sono sulla stessa china, anzi sulla stessa rampa, con 8-10 giorni di ritardo, quindi noi per la sfortuna abbiamo avuto questo primo impatto che sicuramente ha creato, soprattutto in quelli che sono stati i focolai lombardi, un primo impatto che sicuramente ha creato quella grande situazione pesante che ci ha costretto a queste azioni, forse, come dire, molto pesanti, ma assolutamente necessarie. Sarà fondamentale peraltro vedere come andrà avanti nei prossimi giorni. Già ieri una timida, diciamo così, possibilità di interpretazione dei dati riferiti al calo del numero dei morti e anche delle persone che necessitano di terapia intensiva, diciamo, lo vedo come messaggio positivo, ma un messaggio positivo che ci deve rafforzare nell'idea di continuare in questa azione, perché non abbiamo altre alternative. Il dato oggettivo non va interpretato sulla singola giornata, ma va visto come trend e sicuramente un'evidenza di riduzione dei casi più significativa ce l'aspettiamo nell'arco ormai di una settimana: è una settimana che stiamo attuando, io direi sempre meglio, salvo qualche sciocco che fa stupidaggini ed è veramente incresciosa questa situazione, e questa incredibile sottovalutazione da parte di una minoranza di italiani di questo problema oggettivo. Ma, dicevo, considerando il tempo massimo di incubazione di 14 giorni, quindi, dati più confortanti li vedremo fra una settimana, anche se una luce in fondo a questo orribile tunnel non la vedremo prima di un mese e vedremo quali saranno le azioni da intraprendere, se e quali possibilità di relativa apertura si potranno attuare, ma io credo che purtroppo sarà sempre soltanto una continuità... Mi dica una cosa: la comunità scientifica, diciamo così, come si sente in questo momento, particolarmente sotto pressione per quello che riguarda la ricerca dei rimedi? Avete un'attenzione particolare anche per quello che riguarda gli aspetti organizzativi, finanziari o vi sentite trascurati anche in un momento così particolare? Non è facile. I costi per lo sviluppo di un vaccino sono impressionanti. Ma proprio nell'ottica della necessità di introdurre qualcosa che ha un'azione preventiva, ma che sia soprattutto sicuro e soprattutto efficace e quindi, davvero, non possiamo dire che come minimo ci vorrà uno o due anni per poter arrivare a questa, diciamo, possibilità, quest'arma che potrebbe essere l'arma finale della battaglia, della guerra contro questo virus. Quindi davvero gli aspetti che riguardano anche le ricerche sui farmaci, dato che ne abbiamo alcuni e si stanno attuando delle sperimentazioni, potremo, in questo caso, averli un po' più precocemente. Ma davvero tutto questo non è facile. Non è facile procedere nelle ricerche, proprio anche per le restrizioni anche riguardo all'operatività in alcuni ambiti e ovviamente nei laboratori dedicati al COVID sono esenti. Ma davvero non dobbiamo, come dire, lanciare messaggi troppo precoci rispetto alla disponibilità di farmaci e terapie specifiche. Però voglio dire che quello che serve in questo momento sono le terapie intensive, l'assistenza respiratoria. In questo senso le modalità di assistenza di terapia sono ben consolidate, perché gli intensivisti hanno armi per la parte, diciamo, sintomatica per questi soggetti che hanno problematiche più pesanti, ma che davvero poi guariscono. Questo è un messaggio importante da dire; è fondamentale però mantenere la disponibilità di posti letto in rianimazione nel numero sufficiente a fronte di questo ancora, presumo, temo, incremento a cui assisteremo ancora stasera nei dati che la Protezione Civile ci riferirà. Vorrei parlare, Professore, ancora brevemente con Lei, di quello che sarà il nostro futuro, diciamo di convivenza con il virus, perché il virus sicuramente continuerà ad esistere, visto che si è generato. Lei come scienziato che cosa vede? Abbiamo parlato di tempi molto lunghi, eventualmente, per elaborare, per sperimentare e poi per usare un vaccino. Cos'è, il fatto che questo virus diventi in qualche misura endemico e quindi non più pericoloso per una comunità nazionale, per una comunità in generale? Cioè stiamo parlando di quello che Boris Johnson e alcuni inglesi hanno definito "la necessità di creare l'immunità di gregge", è questa una delle soluzioni, secondo Lei, possibili per il futuro scenario, se non soluzione? è questa, ma ovviamente diverso è l'approccio e la modalità con cui arrivarci: nel senso che, se sarà confermata tra l'altro un'immunità post-malattia delle persone, non tutte le patologie infettive determinano questa protezione per la vita. Rispetto all'esperienza della SARS, che si è riusciti a sconfiggere, a controllare, i soggetti colpiti hanno avuto una protezione certa nei 3-4 anni successivi, ma non abbiamo ancora dati di un'immunità permanente. Quindi tutto questo è ancora un'incognita, ma l'immunità di gregge sarà ciò che succederà in ogni nazione. Il problema è come arrivarci e la velocità con cui arrivarci, perché l'Italia, la Cina, adesso anche l'Austria e altre Nazioni, ma la stessa America pur più tardivamente, stanno attuando un sistema di riduzione dei contatti che diluisce, spalma nel tempo questa infezione, perché appunto, siamo tutti suscettibili, però, lo stiamo vedendo in Lombardia, dove la situazione è davvero vicina al collasso del sistema sanitario regionale, anche se sono stati fatti riorganizzazioni incredibili, anche nell'ospedale che dirigo che è un ospedale ortopedico abbiamo dovuto proprio rimodulare tutta l'organizzazione e questo lo si sta facendo con varia intensità in tutte le istituzioni pubbliche lombarde, ma si deve organizzare anche su tutta la Nazione. Anche perché gli effetti migliori, più efficaci ce li aspettiamo proprio nelle zone dove è ancora minore la diffusione in comunità. Quindi il concetto brutalmente descritto in Inghilterra è quello che avverrà, ma bisogna appunto gestirlo e l'Italia, la Cina, la Corea e le altre Nazioni che invece attuano un sistema di mitigazione", noi chiamiamo tecnicamente, ma si capisce, insomma in sostanza è fare in modo che, attraverso questa riduzione di contatti, ci sia una possibilità di abbassamento della della velocità di diffusione e quindi una gestione più ordinata.

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