I protocolli sono rigidi e riguardano sia i medici che i pazienti perché, come altre prestazioni sanitarie, anche quelle odontoiatriche sono potenzialmente a rischio. Anzitutto per l'elevata probabilità di contatto con i droplets, le goccioline respiratorie che, senza mascherina, durante una visita dentistica è facile si disperdano nell'aria. Le linee guida per la fase due, allora, prevedono che il medico odontoiatra indossi i dispositivi di protezione individuale adeguati, in qualche modo simili a quelli utilizzati in un reparto covid. Questi protocolli prevedono delle mascherine chirurgiche FFP2, dei camici monouso protettivi in tnt idrorepellenti, dei calzari, doppi guanti e tutto ciò che riguarda la protezione della struttura. Avevamo già capito cosa poteva capitare nei prossimi mesi e quindi ci siamo mossi di conseguenza, cercando di reperire prima di tutto i guanti, le mascherine, tutti i vari dispositivi monouso, sia per la poltrona sia per i pazienti sia per noi. Protezioni anche per il paziente che, dopo un triage telefonico, arrivato in studio, deve indossare guanti e calzari, gli viene misurata la temperatura, i suoi effetti personali vengono depositati all'interno di un sacchetto. Solo a questo punto la visita può iniziare. Come prima cosa faremo due sciacqui, uno al perossido d'idrogeno, 30 secondi, e poi con il colluttorio 30 secondi. Questo è richiesto per iniziare per ridurre la carica batterica e virale della sua bocca. In questa fase, ci spiega il dottor Curti, si cerca di non fare troppe ablazioni del tartaro e comunque di farle manualmente. Perché con l'ablatore si produce molto più droplet rispetto all'anello rosso che è una turbina che noi utilizziamo con consuetudine in questo periodo. Tra un paziente e l'altro in base al tipo di intervento i medici sono tenuti a cambiarsi e far cambiare l'aria allo studio per circa mezz'ora e disinfettare tutte le superfici, a cominciare dalla sedia su cui si andà ad appoggiare il paziente successivo.