Emerge tutta la drammaticità delle settimane successive al 21 febbraio vissute all'interno delle residenze per anziani lombarde. Dalle 38 pagine depositate in Procura a Milano dai legali dei dirigenti dell'istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, una delle strutture per anziani finita nella maxinchiesta avviata per epidemia e omicidio colposo dopo la denuncia di 18 dipendenti e alcuni familiari. "La fondazione ha risposto a una vera e propria chiamata alle armi della regione Lombardia", si legge nella memoria, "che con il decreto regionale dell'8 marzo ha richiesto la messa a disposizione di posti letto covid da parte delle strutture territoriali. Risale proprio quei giorni l'accorata mail del commissario dell'associazione delle RSA al direttore welfare della Regione Lombardia. "Nei limiti delle sue possibilità mi sento di chiedere un aiuto e la prego di considerare questa mia e-mail come un appello da parte di strutture che stanno lavorando in condizioni difficilissime, al massimo delle loro possibilità". Segue una lettera al capo della Protezione Civile: "Si rende improcrastinabile un intervento immediato da parte della Protezione Civile e del Governo". Nonostante le accurate richieste, la Protezione Civile e la regione non sono stati nelle condizioni di dotare di mascherine le RSA, ma quel che è peggio è che gli ordini fatti proprio all'inizio della pandemia sono restati inevasi per l'80%. Le mascherine non c'erano, quelle ordinate in quei giorni non arrivavano, spiegano dalla Fondazione per un totale di 64 mila mascherine mai pervenute. Le RSA, non avendo a che fare, dal punto di vista diciamo istituzionale e di definizione, con pazienti covid... pronto soccorso all'ospedale, sono state un po' abbandonate, sono state lasciate sole perché tutti i DPI sono stati diretti verso queste strutture. Della situazione è consapevole il capo della Protezione Civile, "come Dipartimento Nazionale", risponde Borrelli "stiamo facendo di tutto per acquistare le mascherine e gli altri dispositivi di protezione individuale". Intanto, però, accade l'inevitabile. Il 10 marzo il responsabile economico servizi e gestione di Aris a scrivere ancora: "come era facile prevedere diversi medici, operatori sanitari e non delle strutture private accreditate si sono ammalati, stiamo tenendo duro" continua, "in alcune strutture che stanno nelle zone più contagiate i DPI si esauriranno in 24 ore, chiaramente sapete benissimo quali sarebbero le ulteriori conseguenze se questa eventualità si verificasse".