Mario Draghi, nell’audizione all’Europarlamento, sembra rivolgersi più che ai parlamentari di Strasburgo, ancora una volta ai Governi europei, perché – è il messaggio ribadito – il suo, la BCE l’ha fatto. Ora tocca ai Governi scatenare la crescita. La ripresa economica dell’eurozona resta, infatti, debole. Lo slancio è leggermente inferiore di quanto previsto a giugno: crescita lenta, che chiama direttamente in causa i Governi dei Paesi membri. I Paesi che nei loro bilanci hanno lo spazio per intervenire, dovrebbero usarlo tutto. Il messaggio di Draghi è generale, ma il riferimento alla Germania, già chiamata in causa qualche giorno fa, è evidente, col Governatore BCE che ne ha anche per l’Italia: le regole esistenti incorporano già molta flessibilità, ricorda, e la mente corre subito al Governo italiano, che in queste ore sta trattando con Bruxelles, per ottenere margini di flessibilità sui conti pubblici, a iniziare dal rapporto deficit- PIL. L’esecutivo ha rinviato a domani sera la nota di aggiornamento del DEF: si tratta del Documento di economia e finanza che contiene le previsioni in base alle quali verrà poi impostata la legge di bilancio. Come anticipato dal Ministro Padoan, il PIL 2016 verrà rivisto al ribasso: dall’1,2 per cento previsto a maggio, dovrebbe scendere all’1 per cento, o forse, anche sotto questa soglia, con ricadute negative proprio sul rapporto deficit/PIL. Dovrebbe salire infatti dall’1,8 per cento, concordato con Bruxelles in primavera, al 2 per cento o oltre. Il Governo, secondo indiscrezioni, punterebbe a mettere fuori dal Patto di stabilità, e quindi dal rapporto deficit/PIL concordato con l’Europa, circa 8 miliardi, pari allo 0,4 per cento del PIL, legati a interventi post terremoto e alla gestione dei flussi di migranti.