Un quadro più chiaro sul futuro di Stellantis in Italia si avrà forse l'11 ottobre quando Carlo Tavares, l'amministratore delegato della multinazionale dell'auto, sarà in Parlamento spinto, come comunicato dalla stessa società, dalla volontà di dialogo e ricerca di collaborazione. I rapporti fra il gruppo italo francese, che tiene le redini tra gli altri della Fiat, e il Governo non sono idilliaci e il mondo della politica ha acceso un faro su una crisi che non riguarda solo il nostro paese. Gli ultimi numeri dicono che a settembre le vendite complessive in Italia sono scelte di quasi l'11% su anno e se guardiamo il periodo che va da inizio gennaio il bilancio è solo leggermente positivo. Per Stellantis le cose vanno peggio: il mese scorso c'è stato un tonfo del 33,9% con quota di mercato spesa al 24. Allarmati i sindacati con i metalmeccanici della Cisl che sottolineano come tutti gli stabilimenti del nostro paese nei primi nove mesi hanno frenato la produzione, con quasi un terzo di veicoli in meno sfornati rispetto allo stesso periodo del 2023. I timori riguardano anche la costruzione di macchine elettriche dopo che Stellantis ha deciso di prolungare fino all'inizio di novembre il fermo di Mirafiori, dove si produce la 500 e la Maserati a batteria. I veicoli meno inquinanti rappresentano una delle maggiori incognite, in questo senso, è tutto da capire che effetto avrà la proposta del nostro Governo di ammorbidire vincoli europei che sanciscono al 2035 la fine della produzione di auto a benzina e diesel. Su questa linea il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, convinto che serva più tempo per il passaggio all'elettrico e anche che bisogna difendersi coi dazi dalla concorrenza della Cina, imputata perché sovvenziona con aiuti pubblici le quattroruote. Ma non c'è solo questo, il quarto costruttore al mondo di auto, che ha per primo azionista la famiglia Agnelli, soffre anche del cattivo andamento in America dove per smaltire l'invenduto si sono promessi sconti e annunciati licenziamenti.