Alla fine, quasi sul suono della sirena, il cavaliere bianco è arrivato. Un cavaliere a metà, invero, perché Intesa Sanpaolo, una delle due maggiori banche italiane, ha deciso di rilevare non le due banche venete in difficoltà ma solo delle parti di Popolare Vicenza e Veneto Banca alcuni asset, come si dice in gergo, e a certe condizioni. Solo le mele buone del cesto, non quelle marce, in pratica. La disponibilità, infatti, esclude dall’acquisto i famigerati crediti deteriorati o ad alto rischio e le obbligazioni subordinate, quelle meno garantite emesse dalle due banche, nonché – spiega la nota – partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione. Le condizioni sono due: che il prezzo sia simbolico, un po’ come l’euro pagato da UBI per prendere tre delle quattro banche messe in risoluzione a novembre 2015 tra cui la Popolare dell’Etruria, e che l’acquisizione non impatti negativamente sui livelli di solidità patrimoniale e sulla distribuzione dei dividendi agli azionisti di Intesa. Perciò, Intesa non chiederà denaro fresco ai soci per portare a termine l’operazione che, si legge ancora nella nota dell’istituto, è subordinata a precise garanzie sulle coperture dei costi e dei rischi legali dell’acquisto. La banca guidata da Carlo Messina, infine, considera necessaria una cornice legislativa, ossia un decreto ad hoc del Governo che fissi questi paletti. E le mele andate a male? Quelle che restano nel cesto delle due venete? Di quelle, a differenza di quanto avvenne con le quattro piccole banche del centro Italia due anni fa, si dovrà far carico lo Stato. Il tavolo con Bruxelles è quindi ancora aperto. Le Istituzioni italiane ed europee hanno cercato per mesi un cavaliere bianco e privato. Ora, con la mossa di Intesa Sanpaolo, si apre un capitolo tutto nuovo della complessa trattativa che riguarda modalità e quantità dell’intervento del Tesoro.