La fine degli sconti sui carburanti darà una spinta all’inflazione nei prossimi mesi. Il taglio delle accise, le tasse su benzina e gasolio, iniziato nel marzo dell’anno scorso e concluso a dicembre, ha infatti ridotto per mesi la corsa generale dei prezzi. I costi al distributore non incidono solo sul portafoglio degli automobilisti ma anche su un lungo elenco di beni e servizi. Pensiamo alla spesa al supermercato dove compriamo prodotti trasportati coi camion o ai biglietti degli aerei. Difficile quantificare adesso quale sarà l’effetto, cioè quanto l’indice dell’inflazione risentirà del rialzo dei carburanti. L’Istat lo sta calcolando ma un indizio può arrivare dal recente passato. A novembre, ci dice l’Ufficio di Statistica, lo sconto su benzina e diesel, ancora di 30 centesimi al litro, insieme a quello dell’Iva sul gas, abbassava l’inflazione di circa un punto e mezzo in percentuale. E calmierare i prezzi dei carburanti costava allo Stato un miliardo al mese, il triplo dell’intervento sul metano. In pratica, il taglio delle accise venuto meno tra dicembre e gennaio potrebbe alzare il carovita di parecchi decimi. Potranno dunque esserci ripercussioni sul lieve raffreddamento dell’inflazione registrato a dicembre nel nostro Paese, che si mantiene su livelli superiori rispetto alle altre maggiori economie europee e alla media dell’intera Area Euro. La Banca Centrale prevede che quest’anno ci sarà una discesa rispetto al 2022, ma resteremo molto lontani dal 2 per cento considerato l'obiettivo per dare stabilità all’economia. In vista, dunque, nuovi rialzi del costo del denaro, che portano a rincari per mutui e prestiti. Una stretta sui tassi d’interesse che continuerà anche negli Stati Uniti, dove l’inflazione a dicembre ha perso quota, scendendo dal picco di luglio, massimo da quarant'anni, ma resta ancora molto alta.