Coronavirus, Ue alla ricerca di un accordo per gli aiuti

03 apr 2020
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La pandemia sta mettendo a dura prova l'Europa e la sua capacità di dare risposte rapide ai propri Stati membri, attanagliati da una crisi che da sanitaria si sta già trasformando in economica. Finora, nel vecchio continente, si è mossa la BCE che ha messo sul piatto quasi 900 miliardi e la Commissione ha allentato il patto di stabilità, permettendo agli Stati di spendere per mettere a punto i piani di aiuto nazionali. A livello di finanziamenti comunitari, finora, Bruxelles si è limitata a stanziare 37 miliardi di euro dai fondi strutturali, da spendere per i sistemi sanitari e piccole e medie imprese. Sul tavolo dell'Europa, al momento, ci sono 3 opzioni che possono essere attivati rapidamente, perché si tratta di strumenti già esistenti. Gli eurobond, cioè la creazione di debito europeo garantito da tutti gli Stati, avrebbero probabilmente bisogno di tempi più lunghi per essere messi a punto, anche se il Vicepresidente della Commissione Ue, Dombrovskis, ha aperto al loro utilizzo. In realtà, anche le Istituzioni esistenti possono già creare debito comune e, nei piani finora presentati, lo faranno. Lo farà, ad esempio, la Commissione europea per raccogliere i 100 miliardi da dare agli Stati per tutelare i lavoratori con la cassa integrazione. Lo farà probabilmente la Banca europea degli investimenti per raccogliere 25 miliardi e attivare 200 miliardi di finanziamenti. Lo può fare, infine, il fondo Salva-Stati il tanto contestato MES, dotato di 410 miliardi, può stanziare prestiti agli Stati membri che ne hanno bisogno, ma vincolando alla firma di condizioni pesanti. Inviso a molti Paesi, tra cui l'Italia, Bruxelles sta cercando il modo di renderlo più digeribile, motivo per cui le condizioni potrebbero essere notevolmente allentate e ridursi, ad esempio, all'impegno di spendere i soldi per motivi legati alla pandemia. Il fondo Salva-Stati potrebbe attivare due linee di credito: una di emergenza, dotata di 80 miliardi, da distribuire agli Stati in base alla loro quota di partecipazione al fondo, per l'Italia si tratterebbe di circa 14 miliardi; mentre, la seconda, consentirebbe agli Stati di chiedere fino al 2 per ceto del proprio Pil, per l'Italia, 36 miliardi.

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