La partenza posticipata al 07/08 dei dazi americani sulle importazioni dall'Europa decisa dalla Casa Bianca non sgombra il campo dalle incognite sull'accordo fra Bruxelles e Washington, e sull'entità delle sue ripercussioni sull'Italia. Lo slittamento dà più tempo per negoziare, ma pochi giorni non basteranno probabilmente a diradare tutte le nubi. La tariffa base resta al 15% su circa il 70% delle esportazioni continentali, ma le due sponde dell'Atlantico hanno idee diverse su molti dettagli. Semiconduttori e farmaci sono fra i nodi principali. Non è chiaro quale sarà la tassazione su questi settori e per il nostro paese il timore è soprattutto per i medicinali. L'Italia ha nel farmaceutico uno dei comparti che vende di più in America e si stima potrebbe perdere 3,4 miliardi di euro se al calo dell'export dovuto ai dazi si somma la svalutazione del dollaro. Le tariffe che scatterebbero il 07/08 si calcola avrebbero sulle nostre imprese un impatto di oltre 22 miliardi di euro, mentre il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato di una perdita di mezzo punto di PIL al 2026. Ripercussioni ci sarebbero per tutto il made in Italy, manifatture in senso stretto, agroalimentare, compresi vini e alcolici, sui quali si preme per ottenere sconti tariffari. Resta aperto il capitolo acciaio e alluminio, dove i dazi resterebbero al 50%, mentre l'Europa punta a ribassi in base alle quote esportate. Dovrebbe essere fermo il punto su alcune categorie esentate. Fra i quali aerei e risorse naturali che tornerebbero ai livelli precedenti l'era Trump. Da capire la questione delle tasse europee sul digitale, una mina secondo Washington da disinnescare per difendere i colossi tecnologici americani. Bruxelles ha rivendicato che sull'argomento decide lei, ma un tributo del genere appare lontano, mentre qualcosa di simile c'è in alcuni paesi, compresa l'Italia, dove l'anno scorso ha fruttato 455 milioni. .























