L'economia cinese sta rallentando e il motore dello sviluppo economico globale rischia di essersi ingolfato. La crescita del Prodotto Interno Lordo cinese negli ultimi tre mesi del 2021 è stata infatti la più bassa dagli inizi degli anni '90. L'economia del Dragone è cresciuta del 4%, decisamente meno della media del 2019, ultimo anno prima della pandemia. E lo stesso trend lo mostrano anche le vendite al dettaglio. Anche per questo la Banca Centrale cinese, in controtendenza con gli istituti centrali internazionali, ha allentato i cordoni della borsa e tagliato i tassi di interesse. A porre un freno allo sviluppo è anche la gestione della pandemia di Pechino. Il regime cinese non ha mai abbandonato la sua politica Covid-zero, anche in vista delle imminenti Olimpiadi invernali. A oggi sarebbero circa 20 milioni i cinesi in quarantena a fronte, secondo i dati ufficiali, di qualche centinaio di nuovi casi giornalieri. Una minuscola frazione rispetto all'enorme popolazione, con possibili ripercussioni anche su noi occidentali. Assieme alle città a essere chiuse sono anche le fabbriche che producono i nostri smartphone, computer e microchip, mettendo a rischio il funzionamento delle già sotto stress catene globali di produzione. Lo sa chi oggi acquista un'automobile o una nuova console di videogiochi, che è costretto ad attendere anche mesi prima di ricevere il prodotto, e la situazione rischia di aggravarsi. Ma il Presidente cinese Xi Jinping, almeno a parole, non vuole rinunciare alla globalizzazione. Al World Economic Forum di Davos, ancora una volta a distanza, ha sottolineato la necessità di costruire un'economia mondiale aperta fondata sul multilateralismo. Parole molto simili a quelle pronunciate nel 2017 proprio a Davos ma che questa volta, dopo le mancate promesse di aprire la propria economia e il trattamento riservato ad Hong Kong, suscitano decisamente meno entusiasmo.