Sono tutti presentati da esponenti della maggioranza gli emendamenti alla legge di bilancio 2026 che provano a reintrodurre in varie ipotesi, forme di sanatoria per abusi edilizi anche molto risalenti nel tempo. Si tratta non di una normativa nuova, ma del rilancio di leggi esistenti e attualmente chiuse. La prima ipotesi prevede la riapertura dei termini per la sanatoria del 2003. Entro due mesi dall'entrata in vigore della legge, quindi entro il 28 febbraio, le regioni dovrebbero adottare regole di dettaglio per sanare irregolarità parziali, non nuove costruzioni totalmente abusive, come ad esempio balconi, tettoie e pertinenze varie, purché non comportino aumenti di superficie dell'immobile, ultimate entro il 30/09 di quest'anno. Il coinvolgimento delle regioni rimanda subito alla Campania, una delle zone che conta il maggior numero di illegalità, che non implementò la seconda e ultima sanatoria del governo Berlusconi. Un'altra proposta coinvolgerebbe invece i comuni. Dovrebbero chiudere le pratiche che pendono dai condoni anche del 1985 e del 94, in un termine molto breve, il 31/03 dell'anno prossimo. Praticamente impossibile, essendo circa quattro milioni le domande inevase all'ultimo conteggio pre-pandemia. Un altro emendamento arriva a proporre il meccanismo del silenzio assenso. I comuni devono rispondere entro sei mesi ai cittadini che hanno fatto domanda di condono dal 1985 in poi. Se non lo fanno, l'immobile diventa in regola. Un'altra proposta torna ancor più indietro nel tempo, per le difformità parziali da quanto autorizzato dal permesso edilizio, quelle insomma meno gravi, come misure di una finestra o profondità di un terrazzino, antecedenti al 1977. Ci si metterebbe in regola, pagando 1032 euro. .























