“Okay, è l’effetto Trump”. Sui mercati finanziari in questi giorni si spiega un po’ tutto così, ma è proprio tutto riconducibile all’elezione del tycoon? Anche il forte aumento dei rendimenti dei nostri titoli di Stato? Di sicuro, come effetto domino, dopo le elezioni americane, c’è una generale corsa verso il mercato azionario, spinto dalle attese per le politiche di Trump in tema di investimenti pubblici e sgravi fiscali, a discapito di quello delle obbligazioni governative. Semplicemente, i grandi investitori tolgono i soldi dai titoli di Stato per spostarli verso investimenti che rendono di più, l’azionario appunto. E così salgono i rendimenti su ambo le sponde dell’Atlantico. Il Bund tedesco decennale, per esempio, a settembre rendeva zero, ora lo 0,4 per cento. E noi? I nostri BTP hanno ripreso a correre tornando sopra il 2 per cento, cosa che non accadeva da gennaio, e questo nonostante il massiccio piano di acquisti della BCE, che ormai da un anno e mezzo ha l’effetto di tenere a bada il mercato. Si torna a parlare di spread, la differenza di rendimento con i titoli di Berlino. Siamo di nuovo in zona 180 punti. Non accadeva da quasi due anni. Perché andiamo peggio degli altri partner dell’Eurozona, per esempio, della Spagna che pure non ha avuto un Governo per gran parte dell’anno? A fine luglio eravamo pari quanto a spread, fra i 120 e 130 punti. Ora Madrid è rimasta più o meno a quei livelli rispetto ai tedeschi. Noi siamo risaliti molto di più, segno che gli investitori si fidano più della Spagna che di noi. Qui l’effetto Trump c’entra poco. Sul nostro sempre altissimo debito pubblico pesa anche l’incertezza per l’esito del referendum del 4 dicembre, come dimostrano le ultime aste. Venerdì scorso i tassi sono saliti su tutte le scadenze e l’8 dicembre, pochi giorni dopo il referendum, Mario Draghi dovrebbe scoprire le carte sul futuro del programma di acquisti che scade a marzo. Si va verso una probabile allungamento, ma si dovranno vedere i dettagli. È difficile per ora stabilire quanto il Tesoro potrebbe dover pagare di più se l’aumento dei rendimenti dell’ultimo periodo dovesse stabilizzarsi. Di certo, nell’aggiornamento del DEF il Governo ha posto l’obiettivo di scendere nel 2017 sotto il 4 per cento del PIL per quanto riguarda gli interessi da pagare sul debito. Obiettivo ora in bilico, e non solo per l’effetto Trump.