I grandi della terra tornano a calpestare la neve di Davos dopo la versione primaverile del 2022 e nella piccola cittadina svizzera, che per l'occasione ospita 2700 partecipanti, si cerca una nuova via per la globalizzazione in nome dei buoni affari che possono distendere i rapporti internazionali sconvolti prima dalla pandemia e poi dalla guerra. Ecco perché ha il World Economic Forum va in scena la corsa per chi vuole conquistarsi il proprio spazio nell'ordine globale, numerosi sono accorsi i leader dell'Est Europa, in prima linea a difesa della sicurezza ucraina. Volgendo lo sguardo più a Oriente ci sono i Paesi del Golfo rappresentati da una folta delegazione, in particolare in arrivo da Abu Dhabi. E lo stesso si può dire di indiani e cinesi che dopo gli anni pandemici tornano col vicepremier Liu He. Ma a fare notizia sono più che altro le assenze, del G7 si farà vedere solo il Cancelliere tedesco Scholz. Nonostante gli inviti, la delegazione italiana sarà la più esigua, in Svizzera sarà rappresentata solo dal Ministro dell'Istruzione Valditara e da un viceministro. A Davos c'è una globalizzazione frammentata che va ricostruita ed è questo che sperano le migliaia di manager e investitori accorsi. Ma dalle Alpi svizzere coperte dalla neve arriva una gelata sul recente, cauto ottimismo per il 2023, la maggior parte degli economisti sentiti dal Forum si attende una recessione globale, la terza in poco più di un decennio, mentre l'inflazione ha gonfiato ulteriormente le vele della diseguaglianza, secondo il rapporto Oxfam i prezzi superano e hanno portato i profitti delle grandi aziende energetiche a raddoppiare. Ecco perché, quando si paventa la fine della globalizzazione, a tremare sono anche e soprattutto i più ricchi. A Davos si cerca di evitarlo in nome della cooperazione economica in un mondo sempre più frammentato.