È dal 2011 che la Banca Centrale non alza i tassi d'interesse. Una parabola discendente che si sperava potesse avere un'inversione proprio quest’anno, ma la situazione economica non lo permette, anzi rende necessario continuare le misure di stimolo. La vede così, e l' ha sempre vista così, Mario Draghi, che nei suoi ultimi mesi alla guida dell’Istituto di Francoforte continua a portare avanti una politica monetaria accomodante, quella stessa politica che ha salvato l'eurozona nei momenti più bui della crisi e che adesso, auspica Draghi, deve diventare strumento per rafforzare la crescita ed allentare gli spettri di nuovi rallentamenti. Da qui l'annuncio arrivato oggi da Sintra, in Portogallo, dove intervenendo al forum dei banchieri centrali il numero uno della Bce ha rispolverato le armi a disposizione, ricordando che esiste ancora uno spazio considerevole per il quantitative easing e non escludendo un nuovo taglio dei tassi, che potrebbe andare a colpire non tanto il costo del denaro, già a zero dal 2016, quanto il tasso dei depositi bancari presso la Banca Centrale, già a meno 0,4%, così da convincere il settore bancario a non parcheggiare la propria liquidità e ad usarla, invece, per dare ossigeno ai prestiti e all’economia reale. Prospettive che hanno fatto brindare le borse europee e che hanno anche avuto un effetto a ribasso sullo spread, il differenziale fra il rendimento dei nostri titoli e il Bund tedesco, prospettive che non sono piaciute però a Donald Trump, che non pago dei continui attacchi al governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, se l'è presa anche con Mario Draghi accusandolo di utilizzare lo stimolo monetario per far deprezzare l'euro sul dollaro e svantaggiare così in modo scorretto l’export americano. Immediata la replica del Presidente dell’istituto di Francoforte che ha ricordato come la Bce non agisca per influenzare i cambi ma per rispettare gli obiettivi di politica monetaria a partire dell'inflazione che continua a rimanere al di sotto del livello medio auspicato del 2%. Colpa, ha spiegato Draghi, anche delle minacce protezionistiche che stanno contribuendo ad alimentare il clima di incertezza nell’eurozona, nella consapevolezza, inoltre, che la Bce da sola non basta e che i governi devono fare di più per attuare politiche che vadano ad accompagnare e non a smorzare gli effetti degli stimoli monetari. Certo non è un caso che l'annuncio di Draghi arrivi mentre è in corso il Board della Fed e nelle prossime ore potrebbe anche annunciare un taglio dei tassi imminenti, forse già dal mese di luglio, preoccupata non tanto dalle richieste di Trump, quanto da alcuni segnali che fanno temere una battuta d'arresto anche della crescita americana, soprattutto se il vertice a fine giugno, a margine del G20 di Osaka tra Trump e il Presidente cinese Xi Jinping non porterà ad una tregua nella guerra dei dazi.