A luglio il numero di persone che hanno un lavoro torna a superare i 23 milioni di unità, soglia oltrepassata solo nel 2008. Il dato, diffuso dall’Istat, è particolarmente significativo, perché è uno dei primi grandi indicatori dell’economia italiana che si riporta ai livelli pre-crisi. Gli occupati crescono, oltre che in cifra assoluta, sia su base mensile che annua. Tra questi ultimi, comunque, aumentano, rispetto a un anno fa, soprattutto i contratti a termine. Il tasso di occupazione risale al 58%. Tuttavia, torna a salire anche la disoccupazione, che si attesta all’11,3%, in aumento dall’11,1% di giugno e quasi cinque punti sopra i livelli del 2008. Cresce anche il tasso tra i giovani, portandosi al 35,5%. Come sempre, va precisato che questo dato è al netto degli studenti e di chi un lavoro ancora non lo cerca. Tra chi ha 15 e 24 anni, coloro che sono effettivamente a caccia di un posto, sono poco meno di uno su dieci. Dunque, come si spiega questo contemporaneo aumento di coloro che hanno un impiego e di coloro che non ce l’hanno? Il dato è un controsenso solo in apparenza e dipende dal modo in cui l’Istat calcola le statistiche. Se più persone cercano attivamente un lavoro chi lo trova aumenta il numero di occupati chi non lo trova quello dei disoccupati. Questo si vede anche dal forte calo del numero dei cosiddetti inattivi, quelli cioè che un lavoro nemmeno lo cercano, spesso perché sfiduciati sulla possibilità di trovarne uno.