Tra le poche cose della manovra che soddisfano i sindacati c'è lo sgravio dei contributi dei dipendenti, il cosiddetto taglio del cuneo, che il governo vuole confermare per l'anno prossimo e quelli futuri. Parliamo di circa 100 euro al mese che milioni di lavoratori perderebbero se l'agevolazione sparisse. La misura, infatti, al momento è finanziata solo per il 2024, ma ora c'è la promessa di garantirla, forse per cinque anni, cioè l'arco temporale di vita del piano strutturale di bilancio da presentare all'Europa. In pratica lo stato continuerà a farsi carico di una quota dei versamenti per la pensione, spendendo quasi undici miliardi l'anno. L'aiuto riguarda solo chi ha un reddito lordo fino a 35 mila euro e, all'interno di questa platea, è premiato chi guadagna meno. Senza questo esonero parziale si ritroverebbero con la busta paga più leggera 14 milioni di Italiani. Più numerosi i beneficiari della riduzione dell'IRPEF, la tassa sui redditi. Il governo vuole confermare per il futuro, quindi in modo permanente, anche questo intervento, che costa più di 4 miliardi l'anno e coinvolge 25 milioni di contribuenti. Il beneficio, in questo caso, è più magro, al massimo 260 euro all'anno, che si annullano sopra i 50 mila euro di reddito. C'è da dire che sia il taglio del cuneo fiscale, che si è aggiunto a quelli introdotti a partire dal governo Renzi, sia quello dell'IRPEF, hanno permesso di recuperare solo una parte di quanto perso a causa dell'aumento dei prezzi. Ci dice l'INPS, per esempio, che chi prende 1.500 euro netti al mese grazie a queste misure negli ultimi anni ha visto crescere lo stipendio del 7%, a fronte di un rialzo dell'inflazione del 17%. Questi due aiuti pubblici, dunque, per quanto preziosi, non hanno permesso il pieno recupero del potere d'acquisto, nemmeno sommati agli aumenti più classici come i rinnovi contrattuali.