Il cantiere pensioni resta aperto. Le novità previste in manovra rischiano di subire modifiche ma bisogna far quadrare i conti. Tra i cambiamenti più probabili ci sono quelli che riguardano Opzione Donna, l'anticipo che ora permette alle lavoratrici di lasciare il posto con 35 anni di contributi e 58 di tasse dipendenti pubbliche. 59 se assunte nel privato ma con un robusto taglio dell'assegno. Con la legge di bilancio si vuole stringere il cerchio alzando il requisito anagrafico a 60 anni e riservando questa possibilità solo a a chi è in situazione di disagio. Solo se la diretta interessata ha dei figli, l'età scenderebbe a 58. Ma questa clausola è sospettata di essere incostituzionale. Per evitare ricorsi, il perimetro di Opzione Donna potrebbe dunque tornare ad allargarsi ma in questo modo la spesa sarebbe maggiore di quella preventivata: 1 miliardo e mezzo per i prossimi 7 anni. Critiche sui costi arrivano intanto su quota 103. L'anticipo che dall'anno prossimo riguarda tutti i lavoratori con almeno 41 anni di contributi e 62 di età. L'esecutivo stima che riguarderebbe 41 mila persone ma la CGIL prevede che ne interesserà solo 11 mila, per cui la spesa sarebbe inferiore a quanto si legge nella manovra. Simile è la situazione per l'Ape Sociale, l'anticipo per i lavori usuranti che viene prorogato senza cambiamenti tanto che il sindacato calcola che lo Stato l'anno prossimo per i 3 tipi di uscita spenderà 1/3 di quanto messo nero su bianco dal Governo. Tutto questo mentre si taglia l'adeguamento delle pensioni al carovita a partire da 1600 euro netti al mese, che avranno incrementi minori rispetto a quelli previsti dalla norma attuale, facendo risparmiare allo stato 17 miliardi in 3 anni. La rivalutazione all'inflazione sarà più corposa rispetto al passato per gli assegni minimi, 50 euro in più per chi ne prende 525 al mese ma anche su questo potrebbero esserci novità, dietro la spinta all'interno della maggioranza per maggiori aumenti.